Harry’s Bar e Ernest Hemingway

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Ernest Hemingway e la sua novella

Non c’è dubbio che l’intensità della guerra nel Veneto nel suo complesso, e riecheggia nella novella “Across the River and Into the Trees” (“Dall’altra parte del fiume e tra gli alberi”) di Ernest Hemingway, pubblicata nel 1950. Anche se non è il più grande degli scritti di Hemingway, c’è comunque un’innegabile pregnanza nel suo racconto della sopravvivenza di una bella città dopo la guerra.

Un colonnello americano che guidò gli alleati nella zona è tornato spesso a Venezia negli ultimi anni della sua vita. Guardando l’acqua da lontano, come molti prima di lui, loda i ragazzi di Torcello che per primi hanno costruito la città. Identifica il campanile di Burano (ricordando l’associazione dell’isola con il merletto)Murano (ricordandone il vetro) e poi Venezia stessa “Cristo che bella città”.

Come la maggior parte degli scritti su Venezia nel ventesimo secolo, “Across the river and Into the Trees” è un romanzo per il visitatore, anche se non è un romanzo per turisti. È il racconto della Morte dopo aver visitato Venezia, della Morte non causata da Venezia, ma dai feriti di guerra degli alleati della zona.

La storia d’amore tra il Colonnello e la giovane Contessa viene raccontata senza sentimentalismi o indulgenze eccessive, al termine di una vita militare. L’obbligatoria gondola degli innamorati viene portata in gondola con un secchiello di champagne e un tappeto in inverno. La calda presenza di una Venezia di giorno in giorno, una Venezia della “fredda e dura luce del mattino” e dell’acqua alta, si avverte in tutto il suo splendore.

Memorabile la visita al Mercato di Rialto “la cosa più vicina a un buon museo… Per studiare la diffusione e l’ammucchiata di formaggi e insaccati” e per acquistare i rifornimenti per la spedizione di tiro all’anatra in laguna. Il colonnello presto gravita verso l’Harry’s Bar come l’autore tanto spesso ha fatto l’autore: Hemingway è il visitatore più famoso del bar.

Harry's Bar

Bar a Venezia

Così spesso Venezia provoca il ricordo, sia del proprio passato, sia del passato dei suoi visitatori. Libera il livello dell’onirico, aleggia nella memoria collettiva. Come centro di cocktail chic della cittàl’Harry’s Bar era il punto d’incontro per l’afflusso di visitatori del dopoguerra, il luogo da vedere quando si attraversa dal lido, o dagli alberghi più vicini.

Aveva aperto modestamente nel maggio del 1931 con una stanza al piano terraquattro finestre e nessuna vista. Dagli anni Sessanta una sala da pranzo al piano superiore guardava il Bacino fino a San Giorgio Maggiore. L’Harry’s Bar si affermò con l’afflusso americano del dopoguerra.

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